Neorealismo

 

Il Neorealismo è un movimento filosofico tendente a rivalutare l’esistenza obiettiva del reale, soprattutto contro il soggettivismo della filosofia idealistica. Coniato in Germania nel corso degli anni Venti, il termine finisce per indicare nelle arti il bisogno di denuncia nei confronti della situazione politica che si era creata in Italia, ormai divisa tra la Repubblica di Salò e il Sud partigiano e si fa carico di mostrare la condizione e i bisogni del popolo attraverso le sue manifestazioni artistiche.

Nel cinema si è tradotto come una corrente culturale, sviluppatasi in Italia tra l’inizio degli anni quaranta e metà degli anni cinquanta, i cui tratti distintivi erano l’impegno morale, l’esigenza di conoscere e modificare la realtà. La seconda guerra mondiale, la conseguente lotta antifascista e il dopoguerra, sinonimo di impegno nel reale, sono gli eventi storici che fanno da sfondo a un nuovo profondo rivolgimento culturale e letterario.

In Italia, nell’immediato secondo dopoguerra, si fa vivissimo negli intellettuali il bisogno di un impegno concreto nella realtà politica e sociale del paese. L’antifascismo, inizialmente represso, e la successiva adesione ai moti di rivolta popolare determinano in molti scrittori l’esigenza di considerare la letteratura come una manifestazione e uno strumento del proprio impegno. Durante questa temperie politico-culturale tra gli intellettuali si apre difatti un dibattito riguardante la loro funzione. La parola d’ordine diventa il sartriano “impegno”, l’engagement. Mai prima d’ora, il nesso con la realtà socio-politica è direttamente determinante anche nell’elaborazione della nuova poetica.

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Di qui l’opzione per vicende e personaggi dell’umile quotidianità contemporanea; la preferenza per i volti anonimi, spesso per attori non professionisti; il rifiuto del teatro di posa e la scelta prevalente degli ambienti e di un parlato naturale, a volte dialettale, mai da doppiaggio. La gente di ogni classe era pronta a manifestare le proprie idee liberali, contrarie alla dittatura precedente e i registi furono pronti a farsi testimoni della “primavera italiana” ovvero il Nuovo Realismo.

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L’opera riconosciuta come iniziatrice della corrente neorealista resta il capolavoro di R. Rossellini Roma città aperta (1945), una sentita evocazione della Resistenza antitedesca. Seguirono, dello stesso Rossellini, Paisà (1946), sei episodi sul passaggio al fronte e la stagione finale della guerra, e Sciuscià (1946) di V. De Sica, sceneggiatura di C. Zavattini, storia di due bambini abbandonati che lottano per la sopravvivenza e Ladri di biciclette sempre di De Sica e sceneggiatura di Zavattini, dove la cinepresa segue la disperata e affannosa ricerca di una bicicletta rubata a un disoccupato.

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